Il caffè
Etimologia
La parola “caffè” deriva dal turco “kahveh”, a sua volta derivante dalla parola araba “qahwah”; quest’ultima, nel linguaggio arabo classico, indicava una bevanda (eccitante, spesso assimilata al vino) prodotta dalla spremitura di alcuni semi.
La storia del caffè coinvolge il Vecchio e il Nuovo Mondo, attraversa i continenti e si radica nella cultura di tantissimi popoli: il caffè gode di una dimensione universale e particolare allo stesso tempo, è comune a tanti e tutti - o quasi- lo hanno fatto proprio.
Non si conosce chi scoprì il caffè e quando. Tra le varie leggende arabe ed etiopi la più nota è quella delle “Capre danzanti”, sebbene sia molto diffusa anche quella neopersiana su Maometto.
Leggenda di Kaldi
Secondo la leggenda un pomeriggio le capre non risposero al richiamo del pastore Kaldi, così lui si mise a cercarle. Kaldi si ritrovò davanti ad una scena insolita: le capre ballavano sulle zampe posteriori e belavano eccitate. Il pastore si convinse che fossero sotto l’effetto di qualche sortilegio; mentre le osservava, però, si accorse che mangiavano le lucide foglie verdi e le rosse bacche di un albero che non aveva mai visto.
Decise di assaggiare anche lui quelle bacche: Kaldi cominciò a saltellare. In seguito alla scoperta Kaldi si mise in viaggio per portare il frutto misterioso al monastero di Chehodet, nello Yemen: incontrò il santone del luogo il quale ritenne le rosse bacche un’opera del Diavolo, così le buttò nel fuoco. Si sprigionò un aroma allettante e unico.
L’incredibile aroma suscitò la curiosità dei due uomini che raccolsero i chicchi, li frantumarono e li immersero in un recipiente colmo d’acqua calda: fu la prima tazza di caffè al mondo.
Leggenda neopersiana
Secondo la leggenda neopersiana il Profeta Maometto soffriva gravemente della “malattia del sonno”. Per questa ragione l’Onnipotente disse all’Arcangelo Gabriele di portare una bevanda ignota per salvare il Profeta. Quest’ultima era nera come la Kaaba, la pietra meteorica che tutt’oggi si adora a La Mecca: il nome dell’elisir liquido e caldo, che sapeva d’amaro e di asciutto, era “Kaweh”.
Di sicuro il caffè portò con sé una forza sconosciuta agli antichi; al tempo si conosceva l’inebriamento derivante dal succo d’uva (e dai suoi derivati), ma si ignorava l’esistenza di questa bevanda. Il caffè, al tempo, venne definito “Vino dell’Islam”.
Storia del caffè
Intorno al X°/XI° secolo i mercanti arabi portarono il caffè nella Penisola arabica, nella zona dell’attuale Yemen, in un porto chiamato Mocha. Grazie ai commerci il caffè risalì la Penisola arabica ed entrò in Medio Oriente: qui venne notato dai veneziani che intrattenevano dei rapporti con il sultano ottomano.
Venezia divenne la porta d’ingresso del caffè in Europa grazie alle sue relazioni diplomatiche con l’Impero ottomano e alla sua tolleranza verso “l’altro” e il “diverso”. I primi due caffè furono aperti a Costantinopoli nel 1554. La città fu invasa da questi nuovi luoghi di consumo, le “qahveh khaneh”, definiti come “scuole di sapienza”.
Tra il XVI e il XVII secolo si iniziò ad importare la polvere di caffè: era ritenuta un ottimo medicinale e per questo era presente nelle botteghe degli speziali: al tempo era carissimo e l’uso era centellinato. La storia del caffè nel Vecchio Continente è scandita dalla proibizione del sultano Murad III e dall’assedio di Vienna.
Le truppe del principe polacco Iansobienzki e del duca di Lorena misero in fuga gli Ottomani nel settembre del 1683. I turchi, fuggendo, abbandonarono dei sacchi colmi di chicchi neri: i più ignoravano di cosa si trattasse, eccezion fatta per quegli uomini che vivevano tanto ad Occidente quanto ad Oriente.
Fu un polacco, Franz Georg Kolschitzky, che -avendo vissuto in Oriente- spiegò di cosa si trattasse e aprì un caffè a Vienna.
L’impresa di Kolschitzky
Il gran visir ottomano spinse nel 1683 il sultano a dichiarare guerra ai tedeschi: così ebbe inizio l’assedio di Vienna. Franz Georg Kolschitzky diede ai viennesi il coraggio di difendere la città fino all’arrivo degli alleati.
Si travestì da turco e insieme al suo servo uscì dalla città: dovevano consegnare al duca di Lorena una lettera. Durante il tragitto furono accolti da un Aga, il quale offrì loro abbondante kaweh. I turchi furono sbaragliati poco dopo e si diedero alla fuga. Sul campo i vincitori trovarono un bottino enorme, compresi cinquecento sacchi pieni di “un foraggio nero”.
Ignari iniziarono a bruciare quel foraggio nero che rilasciò un odore gradevole. Appena l’aroma si diffuse Kolschitzky si ricordò della bevanda che aveva bevuto dall’Aga: riconobbe il caffè.
I primi caffè
I primi caffè europei nacquero già a metà del XVII secolo, quindi ben prima dell’assedio di Vienna. Tuttavia, la diffusione “della nuova bevanda” nel Vecchio Continente non avvenne in maniera incontrastata. Il fatto che il “Vino d’Arabia” provenisse dall’Oriente islamico e fosse giunto attraverso l’Impero ottomano contribuì a generare pregiudizi e falsi miti di natura religiosa e culturale.
Il caffè, assimilato ad una bevanda infernale, divenne motivo di ostracismo nei principali ambiti conservatori e tradizionalisti: era visto come un pericolo per le tradizioni e i valori aviti. Questo scontro culturale giunse al suo epilogo quando venne richiesto al Papa di scomunicare il caffè e tutti coloro che ne avrebbero fatto uso.
Il Pontefice, dopo aver assaggiato la bevanda, ne dichiarò lecito il gusto, favorendone la diffusione. Delle prime botteghe di caffè furono, quindi, aperte in Italia, in Inghilterra a Parigi e poi a Berlino.
I racconti sul caffè
In Europa il caffè divenne noto grazie ai racconti dei viaggiatori cristiani di ritorno dall’Oriente. In questi scritti i viaggiatori raccontavano di quella pianta tanto sconosciuta quanto straordinaria. La prima descrizione “medica” del caffè, stampata in Europa, fu opera del medico di Augusta Leonhard Rauwolf.
Nella sua opera, “Viaggio in Levante”, offre uno spaccato sulle modalità di consumo di questa bevanda in quelle terre lontane. La descrive come una bevanda scura, nera come l’inchiostro, salutare per le malattie dello stomaco. In un secondo momento descrive le abitudini di consumo: “la bevono la mattina presto, nei luoghi pubblici, senza vergogna”.
Dopo di lui il botanico e medico padovano Prospero Alpini descrisse la straordinaria bellezza dei fiori e delle foglie dell’“arbor bon” e raccontò, per la prima volta nel dettaglio, le proprietà terapeutiche del “fructus sua boni”. Nella sua opera, De Plantis Aegypti, Prospero Alpini descrive la pianta del caffè e l’uso dei semi tostati utili per preparare un decotto detto “caova”.
La bottega del caffè: luogo di incontri politici ed erotici
Per secoli il caffè è stato inteso, unicamente, come una bevanda. A partire dal XVII, però, il suo status si è evoluto in virtù della sempre maggiore importanza acquista all’interno della società europea. Il caffè divenne un luogo d'incontro, uno spazio deputato alla conversazione e al fermento culturale.
Prima dei caffè la gente era solita riunirsi all’interno delle botteghe degli stampatori o dai librai per discutere.
L’arrivo dei caffè comportò uno stravolgimento di questa abitudine: queste realtà attiravano coloro che erano disposti a bere la bevanda e a partecipare alla conversazione. I caffè si distinguevano dagli altri “luoghi di confronto” per un elemento: all’interno venivano forniti, ai clienti, giornali e riviste da leggere.
Questo particolare incise sostanzialmente nella diffusione della pratica dello scambio di idee all’interno dei caffè. I caffè diventarono “containers of news, the only media centers accessible to large crowds”.
L’espresso: bandiera italiana
Esiste un legame profondo tra il Futurismo, la tecnologia e il caffè. La prima macchina “ideale” per il caffè espresso fu ideata nel 1905 da Pavoni e Bezzera. Grazie a questa invenzione l’espresso divenne la bandiera italiana. Le macchine per l’espresso comparvero ovunque: nei bar e nei ristoranti, in particolar modo in quelli definiti “americani”. I “bar americani” erano frequentati dalla borghesia e rappresentavano per quest’ultima degli spazi di socializzazione: qui si iniziò a bere il caffè in piedi.
Fu una rivoluzione, perché fino a quel momento il caffè era sempre stato servito al tavolo. L’atto di bere in piedi era affine al concetto di velocità caro ai futuristi: una vita veloce associata ad una bevanda energetica. Il legame tra il caffè e il Futurismo trova una significativa esplicitazione nell’origine della parola “espresso”.
Il termine “espresso” deriva dall’inglese “express”, a sua volta derivante dal francese “exprès”, ovvero “fatto su ordinazione”.
Storia del caffè a Verona
Il consumo di caffè nel XIX secolo era riservato alle classi agiate. Il caffè era distribuito al dettaglio nelle drogherie insieme ad altri generi “coloniali” e venduto per lo più crudo, in quanto la tostatura veniva prevalentemente fatta a casa.
Negli anni ‘50 il consumo di caffè aumentò progressivamente ed il prodotto venne commercializzato nei negozi di generi alimentari e somministrato in tazza dei pubblici esercizi, sempre più numerosi.
Negli anni ‘50 a Verona vi erano tre ditte che si occupavano della torrefazione: Nadali, Pellini e Giamaica. A partire dagli anni ‘60, in maniera coeva alla sempre più capillare diffusione del consumo di caffè, si svilupparono le industrie della torrefazione su scala regionale e nazionale. Risale a questo periodo la commercializzazione del caffè per uso domestico - macinato e confezionato - nei supermercati.
Caffè Mazzanti
Il Caffè Mazzanti sorge ove un tempo vi erano le spezierie della Famiglia Mazzanti. Il caffè è il fil rouge dell’evoluzione commerciale e storica di questo luogo. Il caffè giunse, grazie alla Serenissima, e in un primo momento venne commercializzato nelle spezierie in quanto ritenuto un ottimo medicinale.
L’evoluzione nell’utilizzo di questa pianta è segnata dal continuo scambio culturale fra Oriente e Occidente: quest’ultimo apprese dal mondo arabo come utilizzare quei chicchi neri sconosciuti e dall’aroma sorprendentemente.