Case Mazzanti
La pittura della facciata delle Case Mazzanti venne realizzata, in un primo momento, per proteggere le superfici murarie dagli agenti atmosferici: solo successivamente venne impiegata come metodo decorativo. Ad una iniziale decorazione del palazzo, avvenuta prima che subentrasse la Famiglia Mazzanti, seguì quella più corposa voluta da Matteo Mazzanti. Matteo Mazzanti si rivolse al pittore mantovano Alberto Cavalli, allievo del più noto Giulio Romano, all’epoca artista di corte per i Gonzaga a Mantova.
Fu negli anni 1532-1537 che i nuovi proprietari fecero dipingere ad Alberto Cavalli le facciate dell’edificio. Sulle pareti, già affrescate con finte architetture, il pittore mantovano aggiunse le Allegorie dell’Ignoranza, della Prudenza e dell’Invidia; sul corpo d’angolo quelle della Lotta tra Giganti e della Provvidenza a cui si aggiungeva, verso Corso Santa Anastasia, un Laocoonte (oggi scomparso).
Sulla facciata delle Case Mazzanti è possibile osservare la lastra in marmo sulla quale Matteo Mazzanti fece incidere le seguenti parole (tradotte dal latino): Math(eus) Mazza(n)tu(s) /patriae ornamento/sui et suorum/ac bene guberna(n)tiu(m)/comodo f(ieri) i(ussit)-- "Matteo Mazzanti comandò che ci si occupasse del decoro e del profitto della patria, per il suo bene e dei suoi governatori". Il ciclo di affreschi si compone di cinque campi e all’interno di ognuno è sviluppato un tema preciso. Partendo da sinistra:
- La Provvidenza sparge i suoi doni/ La Fortuna / La Caritas: nel primo campo è raffigurata una figura femminile, vi sono tre ipotesi al riguardo: alcuni ritengono che sia la Provvidenza, altri la Fortuna, altri ancora la Caritas. Intorno a questa figura femminile stanno dei graziosi putti che lasciano cadere corone di fiori, borse piene di denaro e altre delizie verso il popolo, riunitosi in una gran folla;
- Il Diritto che vendica i delitti: la scena, rappresentata nel secondo campo, ritrae un gigante che tiene stretto a un albero, con delle funi, un altro gigante, mentre un terzo è schiacciato. Secondo alcuni, la sopraffazione dei giganti è da intendere come vittoria sulla brutalità e il disordine; per altri si tratta del “Vitio”che lega e tenta i virtuosi;
- L'invidia: nello stesso campo troviamo l’Invidia; è rappresentata come una donna scarna e vecchia, piena di rughe, dall’aspetto decadente e che esprime uno stato d’animo inquieto. L’identificazione con l’Invidia deriva soprattutto dalla borsa che la donna tiene sotto il braccio, dalla quale fuoriesce un groviglio di serpi vomitanti veleno;
- Il buon governo che protegge la città: nel terzo campo, una figura femminile dalle dimensioni colossali vola sopra la città di Verona, raffigurata sotto i suoi piedi; sembra un’esigenza quella della protezione della città, visto che in quegli anni aveva provocato grande paura la visione di due comete. Questa figura femminile, che per alcuni rappresenta il buon governo, per altri la città stessa, tiene nella mano destra una carta sulla quale si legge il motto “Conserva”. Questa figura allegorica è un invito implicito alla cura ed alla salvaguardia della città, che deve coinvolgere tutti i cittadini;
- L'ignoranza o la virtù: nel quarto campo vi è figura femminile bendata, che non guarda in faccia la realtà; dietro di lei dei putti strappano le pagine ai libri (prima espressione di cultura); per alcuni di tratta dell’Ignoranza, per altri della Virtù, donna bella e ingenua che con gli occhi bendati ammaestra molti fanciulli, ricchi e poveri, senza riguardo e distinzione. All’estrema destra del ciclo pittorico è collocata l’iscrizione dipinta con il nome del mittente;
- Laocoonte: il quinto campo mostrava il Laocoonte, ormai illeggibile. Stando alla letteratura, in origine il Laocoonte era raffigurato mentre tentava di liberarsi dai serpenti che addentavano la sua testa. Tale figura era accompagnata dalla scritta “Iusto iudicio”: la giustizia divina per punire la disobbedienza.